I principali monumenti

PALAZZO SACRATI
Costruito inizialmente dai Boiardo nel Trecento, fu trasformato dai Sacrati, da cui prende il nome, intorno alla metà del XV secolo, secondo i modelli architettonici dei palazzi ferraresi dell’epoca. Nel 1701 vi fu portata la Posta; il palazzo fu detto allora “della Posta”. In epoca napoleonica fu adibito a caserma e poi a ricovero di ammalati durante le epidemie. Acquistato dal Comune di Rubiera il 28 dicembre 1875  fu adibito a vari usi, anche a scuola elementare. Chiuso negli anni sessanta per inagibilità venne restaurato a partire dal 1978 e dopo cinque anni di restauro fu inaugurato il 12 giugno 1983. Conserva al piano terra un grande porticato esterno ed interno con capitelli decorati con foglie d’acqua e piccole volute negli angoli, un cortile d’onore ed al primo piano un salone d’onore che si affaccia sul cortile. Nei mezzi capitelli, alle estremità dei due portici, ed in alcuni di quelli intermedi vi è il caratteristico scudetto raffigurante lo stemma gentilizio dei Sacrati con due gruppi di stelle a sei punte e un curioso parallelogramma con due anelli che raffigura un libro visto dal dorso.
 
MONUMENTO A DON ANDREOLI
Situato all’esterno di Palazzo Sacrati, sotto il porticato su Via Emilia Est, si trova il monumento a ricordo della morte di Don Giuseppe Andreoli, uno dei primi martiri del Risorgimento italiano. Dapprima imprigionato nel Forte di Rubiera poi condannato a morte, fu decapitato il 17 ottobre 1822. Il Monumento commemorativo, fortissimamente voluto da un comitato composto tra l'altro, oltre che da cittadini rubieresi, dal dott. Carlo Malagola, direttore del R.Archivio di Stato di Bologna, dal dott. Romoli (che da ragazzo vide la morte di Don Andreoli)e dal dott. Marastoni, farmacista del paese ed uno dei fautori del ritrovamento del corpo di don Andreoli, fu eseguito dal Prof. Luigi Montanari di Modena ed inaugurato il 13 ottobre 1887 alla presenza di numerosi parlamentari, politici, rappresentanti dello Stato ed una foltissima folla.
 
PALAZZO CIVICO
Il Palazzo Civico, un tempo sede del podestà, mostra con sicurezza tracce dell’età rinascimentale.
Visto dall’esterno l’edificio risulta omogeneo per la presenza di un portico a quattro basse e larghe arcate, ma la struttura è il risultato dell’accorpamento e adattamento di case preesistenti del quattrocento, di cui all’interno si possono scorgere alcune eleganti finestrelle ed un soffitto a cassettoni ed affresco del XV secolo. Il Palazzo Civico è contrassegnato da una massiccia torre cinquecentesca. Restaurato, venne inaugurato nel 1988 adibendolo a biblioteca comunale.
 
IL FORTE
Il Forte presentava un formidabile impianto fortificato dalla struttura compatta a pianta quadrangolare con cortile centrale, articolata ai vertici a quattro grandiosi bastioni dal paramento scarpato. L’epoca di origine di questo impianto è più propriamente da ricondursi ai lavori di fortificazione compiuti dopo il definitivo passaggio del paese sotto il dominio estense nel 1421, anche se nel 1200 il Comune di Reggio Emilia edificò il castello di Rubiera a difesa della via Emilia e del transito sul Secchia. Leonello d’Este diede inizio alla costruzione di alte mura che furono poi completate dal duca Borso in un periodo compreso tra il 1441 ed il 1471. Altri importanti interventi di sistemazione del forte furono condotti nel 1491 con la partecipazione dell’architetto Biagio Rossetti ideatore della “addizione erculea” ferrarese. Nessuna traccia rimane delle mura quattrocentesche. Secondo la pratica militare del tempo esse dovevano essere circondate da un fosso profondo, con alte cortine rettilinee in muratura intervallate da torri tonde o quadrangolari, tracciate secondo un disegno geometrico non molto complesso così come le vediamo rappresentate nella pianta delle fortificazioni di Rubiera disegnata nel XVII secolo. Un intervento di riforma dopo la metà del XVII secolo fu comunque compiuto dal duca Alfonso I per un adattamento più funzionale all’uso moderno delle artiglierie del tempo rinforzando le mura, costruendo baluardi, allargando i fossati e creando una zona di rispetto libera da costruzioni ed alberature intorno al borgo. L’unico intervento di ridefinizione del disegno delle fortificazioni è forse da riconoscere nell’ampio baluardo pentagonale eretto a protezione del forte verso occidente e di cui resta oggi il ricordo nell’area di forma triangolare suddivisa in due settori della via Emilia nell’accesso al centro storico.  In questo luogo fu tenuto prigioniero e poi decapitato il 17 ottobre 1822 Don Giuseppe Andreoli, primissimo eroe del Risorgimento italiano.  Lo sviluppo urbanistico iniziato con la realizzazione della linea ferroviaria portò negli anni successivi all’alienazione delle fosse, alla cessione dell’area antistante il Forte e, nel 1922, all’abbattimento della parte centrale dello stesso Forte.
 
IL TEATRO
L’edificio fu progettato negli anni venti per volontà del Prof.re Umberto Tirelli dall’ing. Antonio Panizzi e dall’architetto Italo Costa di Reggio Emilia. Inaugurato la sera del 14 gennaio 1926  nasce come edificio autonomo, di fianco all’antico Forte, sul sedime delle mura della città, in un terreno di proprietà pubblica ceduto dall’amministrazione comunale al valore simbolico di una lira. Tipico esemplare tardo Liberty, presenta un avancorpo terrazzato che ospita al piano terra il foyer e due salette destinate fin dalle origini a guardaroba e biglietteria. La platea a pianta quadrata si estendeva nei due corridoi laterali scanditi dalle colonnine che reggono la prima galleria. Dotato di fossa orchestrale, boccascena e palcoscenico all’italiana munito di graticcio in legno, ospitava nel sottopalco i camerini seminterrati. L’accesso alla prima e seconda galleria avveniva attraverso due scale ricavate nel vano compreso tra il foyer e a platea. Adattato a cinema negli anni 50 subì numerose manomissioni come la sostituzione della soffittatura originaria con pannelli in eraclit. Rimasto inutilizzato per più di quindici anni è stato, dopo lunghe traversie, acquistato dal Comune di Rubiera e successivamente restaurato,  riportandolo all’originaria funzione. Inaugurato il 18 dicembre 1998 il teatro si presenta ora in una nuova veste all’insegna di un punto di equilibrio tra il patrimonio storico architettonico e le esigenze dello spettacolo contemporaneo. La moderna tecnologia ha permesso di trovare questo equilibrio realizzando uno spazio che offre innumerevoli possibilità sceniche, da quella del “teatro all’italiana” con fossa dell’orchestra, a quello a pianta centrale, a quello di teatro laboratorio con il piano di platea dedicato alla scena.
 
ABSIDE E TORRE CAMPANARIA
Dell’antica chiesa di Rubiera, che compare nel 1302 con il titolo di S. Donnino e S. Biagio, non rimane che la testimonianza dell’abside medioevale semicircolare, decorato con lesene che sorreggono una cornice ad archetti intrecciati, e sul tetto l’alta torre campanaria costruita alla fine del XV secolo. La chiesa era orientata liturgicamente ad una sola navata con cinque cappellette da una parte e quattro dall’altra; lungo il fianco della via Emilia si estendeva un porticato che serviva da cimitero. Abbandonata come ufficio pastorale nel 1720 continuò ad essere officiata ancora fino al 1738 quando fu ridotta ad uso di cimitero: trasformata in fienile nel 1822 fu adibita a casa civile nel 1847.
PALAZZO RAINUSSO
Intorno alla metà del XVI secolo fu sede del Convento dei frati Conventuali della Madonna. Scarse sono le notizie che portano a supporre che qui vi fosse l’antica chiesa “Sanctae Marie Nove de Hyrberia” citata in un documento del 1342. Il nucleo originario sembra sia costituito dalla chiesetta e dalle due ali est e sud. Al 1635 si deve la costruzione del chiostro. Le diverse esigenze dei monaci hanno portato allo sviluppo della struttura con la costruzione di nuovi vani e nuovi edifici attorno ad un nuovo cortile a ridosso dell’ala nord del chiostro originario. Nel 1768 con le soppressioni ecclesiastiche di Francesco III il complesso fu requisito e successivamente ceduto al Conte Greppi di Milano che lo trasformò in residenza estiva. Sono di questo periodo interventi di ristrutturazione piuttosto massicci: la facciata ad est del palazzo acquista le caratteristiche architettoniche tipiche del ‘700 con ampie finestre, cornici e balaustrine, con precisa ed a volte forzata simmetria che portarono al taglio netto dell’abside della chiesetta e la costruzione della propaggine sull’angolo nord–est. Successivamente fu acquistato dal Cavalier Rainusso da cui deriva il nome. Il palazzo, di rilevante interesse architettonico, si articola su due livelli con chiostro interno in cui sono notabili le arcate, in parte murate, ripartite da pilastri in cotto.  All’interno da segnalare la sala capitolare ed un grande scalone settecentesco, mentre numerose porte sono decorate con motivi ornamentali e paesaggi. Le cancellate in ferro battuto che chiudono il parco storico, con piante centenarie di indubbio pregio paesaggistico, sono pregevole opera attribuita al modenese Giovan Battista  Malagoli (1729-1797).
 
L'OSPITALE 
Sulla via dei pellegrini
Uno dei più importanti ospedali per pellegrini che sorgevano fra Secchia ed Enza, lungo il corso della Via Emilia, era proprio quello di Rubiera. Sorto all’incrocio fra la strada ed il fiume, l’ospizio fronteggiava il passaggio continuo di pellegrini e viandanti sulla Via Emilia, ma anche lungo l’altro importante asse viario che, correndo parallelo al corso d’acqua, portava a Sassuolo e a Frassinoro e, attraverso i passi appenninici, anche a Lucca e a Roma. Da Rubiera passavano in molti.
Il più antico ospedale per pellegrini, gestito da una piccola comunità di benedettini, esisteva forse già nel 1179; sorgeva a ridosso del centro urbano, in direzione del fiume, fuori dalla porta orientale. In occasione però della tagliata imposta dal duca Alfonso I d’Este nel 1523, questa struttura venne distrutta.
La nobile famiglia Sacrati, subentrata come patrocinatrice dell’ospedale, ne curò la ricostruzione, sopra un terreno di sua proprietà, a Nord del paese, vicino al fiume e dove il guado era più facile. Si progettò così un complesso rinascimentale di grande impatto, prestigioso per la committenza. L’incarico fu assegnato da Aldobrandino Sacrati a Giovanni Battista Carretti, con l’intervento di maestri costruttori reggiani e rubieresi. Così nel 1531 si diede inizio ai lavori che procedettero con alacrità. Nel 1535 cominciò la costruzione della chiesa, l’anno successivo il chiostro e nel 1539 fu la volta della copertura. Ad affrescare la chiesa fu chiamato Benvenuto Tisi detto il Garofalo, uno dei pittori più famosi della corte di Ferrara. L’ospitale dedicato a S. Antonio era per l’epoca un edificio enorme e innalzandosi nella pianura era visibile anche da lontano.
L’ospizio offriva l’ospitalità di una notte e di un solo pasto ai pellegrini e ai viandanti.
Chi non poteva fermarsi riceveva un po’ di pane o qualche capo di vestiario. Per gli ammalati funzionava un’infermeria ed era fornita anche l’assistenza religiosa. Importante era poi la possibilità di attraversare il fiume: l’ospedale infatti deteneva i diritti sul "passo di Secchia" che funzionava giorno e notte e  garantiva il passaggio gratuito solo ai poveri, ai pellegrini e ai religiosi. L’ospedale elargiva in giorni e periodi stabiliti elemosine che diventavano quotidiane in tempi di carestia. Tutto questo però terminò nel 1765 quando il duca di Modena, Francesco III, soppresse tutti gli ospedali del suo stato. I Sacrati offesi se ne andarono e cominciò la decadenza dell’edificio che, acquistato dal conte Greppi, venne trasformato in tenuta agricola. Passata di mano in mano, la Corte di Rubiera, così ormai viene chiamata, continuò a degradarsi, finchè fu acquistata dal  Comune che ne ha curato il restauro. Il 2 febbraio 2000, al termine dei lavori di recupero, il bellissimo ed importante complesso storico fu riaperto al pubblico.
Il fabbricato del'Ospitale ha un impianto quadrangolare comprendente il corpo principale su due livelli ed i fabbricati di servizio. Presenta una facciata in laterizio ed un motivo ornamentale del cornicione in cotto di punta e martelletto, motivo molto diffuso nel XV e XVI secolo. Gli ambienti direttamente funzionali alle attività dell’ospizio sono diposti intorno all’ampio cortile centrale con porticato a crociera sostenuto da colonne. Di fronte all’ingresso principale si erge la snella torretta dell’orologio. I servizi collocati sul cortile di levante, verso il Secchia, sono delimitati da un muro di cinta con torrione e arco passante con cornice a colombaia.
Il grande e bellissimo complesso è ora la sede di: Associazione Linea di Confine per la fotografia Contemporanea; Centro Teatrale La Corte Ospitale; Consorzio per la gestione dell'Area di Riequilibrio Ecologico della Cassa di espansione del fiume Secchia e delle aree contigue; Assessorato alla cultura.
CHIESA PARROCCHIALE
La chiesa fu edificata dai Padri Conventuali di Rubiera dal 1704 al 1718 e ceduta definitivamente all’Arciprete ed alla Collegiata per desiderio del duca Rinaldo II il 4 ottobre 1722 come testimonia l’epigrafe all’interno dell’edificio. La chiesa era sorta sul luogo della demolita chiesa della SS. Annunciata. Agli inizi del novecento l’edificio è riformato dotandolo di eleganti decorazioni del prof. Ernesto Manzini che adornerà l’abside ed il volto provvedendo anche al disegno della facciata. Agli interventi partecipano anche il Prof. Goldoni ed il prof. Gaetano Bellei. L’interno in  stile composito è ad una sola navata con due cappelle per ogni lato, coro a mezzogiorno e porta maggiore sulla via Emilia preceduta da un ampio portico.
 
CHIESA DELL’ANNUNZIATA
Nel 1710 il marchese Scipione Sacrati promosse la costruzione di una nuova chiesa dedicata alla SS. Annunciazione dirimpetto al palazzo Sacrati. L’edificio fu realizzato dalla Confraternita dell’Annunziata sopra un’area venduta dai Sacrati, con abitazioni civili. La costruzione ebbe inizio il 24 agosto 1710 e ebbe termine nell’arco di tre anni. La sua facciata è dovuta alla munificenza di Alessandro Berti nel 1751. Nel 1759 lo stesso Berti provvide ad innalzare l’altare minore posto a destra e, sempre nello stesso anno, la comunità di Rubiera completò a sue spese l’altare dedicato a San Rocco. In origine la chiesa era priva di cantoria ed aveva solo due altari laterali. L’altare maggiore è di scagliola. Nell’altare laterale di sinistra vi è esposto un quadro rappresentante San Rocco di proprietà comunale. Nel 1808 l’arciprete Chierici costituì a Rubiera la confraternita del Santissimo Sacramento la quale sostituì quella dell’Annunziata nella gestione e proprietà della chiesa. Dopo alterne vicende, che ne decretarono la chiusura (1799) o la trasformazione in deposito di foraggio (1915), dalla seconda guerra mondiale in poi, a più riprese, sono stati compiuti alcuni lavori di restauro.
 
PIEVE ROMANICA DI SAN FAUSTINO E GIOVITA
Secondo la tradizione il primitivo tempio venne fatto costruire dalla contessa Matilde di Canossa, che nella zona possedeva diversi beni. La Pieve è una delle più antiche della diocesi, citata in un documento del Vescovo di Reggio Emilia nell’anno 945 e più esplicitamente menzionata nel 980. La facciata ricostruita nel 1870 è in stile lombardo su disegno del prof. Faccioli di Bologna. La porta arcuata è ornata da colonne in marmo e da un tempietto sormontato da una bifora antica. Al culmine della facciata sono posti quattro pinnacoli ottagonali con le croci. Nella parte posteriore sono visibili le tre absidi ripartite da lesene e caratterizzate dalla sequenza degli archetti, alcune mensolature presentano elementi geometrici, altre la raffigurazione di animali simbolici. Sono anche notabili le finestrature oblunghe a stipite strombato. L’architettura interna è stata ampiamente trasformata e solo in parte sono visibili alcuni elementi dell’antica struttura. All’interno un tabernacolo in marmo di Carrara, un prezioso affresco duecentesco della Madonna con Bambino ed una tela conquecentesca raffigurante i SS. Faustino e Giovita.
ORATORIO DI SAN NICOLA
L’oratorio di San Nicola da Tolentino fu costruito nel 1687 da Nicola Solieri podestà di Rubiera. Alla fine del XVIII secolo Giuseppe Medici, cittadino modenese, aggiunse al corpo centrale le due ali con le piccole navate e ne sistemò la facciata. I benefattori suindicati lasciarono agli eredi e successori l’obbligo di celebrare la festa di San Nicola e di distribuire il pane benedetto.
La vita dell’oratorio, aperto solo durante il mese di maggio ed il 10 settembre – festa di San Nicola, continua ininterrottamente fino al 1949 quando fu chiuso perché pericolante. Acquistato e restaurato da privati fu dotato di un piccolo campanile recante la campana originaria ed un’altra donata. Restaurato l’arredo presente, nel 1973 venne rifatto il cortiletto antistante con antichi mattoni in cotto sotto i quali esiste ancora l’antico pavimento in ciottoli di fiume. Tre iscrizioni risalenti a varie epoche del secolo scorso testimoniano che sotto il pavimento esistono tre sepolture. La grande lapide che sta al cento del pavimento serviva a chiudere la tomba dei preti nella vecchia chiesa parrocchiale. In un secondo tempo servì a chiudere l’ossario del cimitero fuori le mura. Distrutto il cimitero divenne parte di un pavimento cortilivo privato, da lì fu tolta e posta nell’oratorio.